Dei Natali passati mi manca Cesarino.
Molti di voi si staranno chiedendo “chi è Cesarino?”.


Cesarino e’ una tabaccheria di Rutigliano, o meglio, il nome del proprietario della tabaccheria; si sa, a Sud, nei piccoli paesi, i luoghi senza nome vengono identificati con il nome di battesimo di chi li ci lavora.
Cesarino, oggi e’ molto diverso da 15-20 anni fa.


Durante il periodo natalizio, sulla lunga parete di destra, comparivano degli scaffali stracolmi di statuine del presepe di tutti i colori e fogge; carta roccia in fogli troppo grandi per le mie piccole mani di bambina; muschio finto, dall’inconfondibile odore dolciastro misto all’umido; porporina e capelli d’angelo argentati e dorati; alberi di Natale, posizionati in bella vista un po’ qua un po’ là, accanto alle luci ad intermittenza dai colori kitsch, tipici del Natale anni ’80.
Infondo al locale c’era una stanza piena di giocattoli.


Il rito natalizio prevedeva che, mamma o papà, accompagnavamo me e mia sorella da Cesarino per la scelta delle nuove statuine per il presepe. Il numero dei personaggi da scegliere variava di anno in anno, a seconda delle statuine sopravvissute al Natale precedente.
Ancora oggi non ho ben capito perché la scelta, soprattutto di mia sorella, ricadeva quasi sempre su delle pecorelle che, per dimensioni, una volta posizionate nel presepe, apparivano come tanti Godzilla in un finto paesaggio più trentino che medio-orientale.
Mia madre si rassegnò subito alla mancanza di proporzioni del nostro presepe, si limitava a chiamare quegli animali “pecoroni”. Molti “pecoroni” arrivavano al Natale successivo, nel migliore dei casi, senza una zampa per un altro mistero delle scelte azzardate di mia sorella: quella povera creatura di plastica veniva piazzata proprio su una lucina, dove nel tempo, la plastica si scioglieva al calore e la pecora diventava irrimediabilmente monca. Una prece per la pecora.


Ecco, del Natale degli anni passati mi mancano Cesarino, le scelte bizzarre di mia sorella e l’odore acre del muschio finto.