Erano gli anni ’80, ero bambina e per me la finale del Festival di Sanremo era la felicità.

Non conoscevo ancora il significato di nazional-popolare; non capivo a fondo il testo delle canzoni ed ero troppo piccola per poter tifare per un cantante; Twitter non esisteva e la tv si seguiva guardandola, non leggendola.

Aspettavo la finale di Sanremo perchè era di sabato e  il giorno dopo non andavo a scuola; potevo andar a dormire tardi; mamma preparava la pizza e aspettavamo la proclamazione del vincitore tutti insieme nel lettone dei miei genitori.

Mio padre, con una complicata operazione (roba da trasloco), riusciva a trasferire la tv dalla cucina alla camera da letto e dopo averla posizionata su una sedia, sfidando qualsiasi legge di gravità, stavamo li…ad ascoltar canzoni e a sonnecchiare un po’.

Una serenità semplice…una serenità, nel bene e nel male, tutta italiana.

La mia canzone del Festival di Sanremo? Almeno tu nell’universo

Avevo solo dieci anni quando Mia Martini, cantò con tutta la sua disperata malinconia “tu, tu che sei diverso, almeno tu nell’universo” sul palco dell’Ariston.

Avrei capito il testo solo molti decenni dopo ma da quel momento, iniziai a comprendere la necessità, senza età, di avere un punto fermo nell’universo.