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Nuovo Nokia 3310: flop o top?

Ecco a voi il “nuovo” Nokia 3310!

Sembra un annuncio che arriva dritto dritto da inizio millennio, ma non è così.

Il Nokia 3310 – Il Ritorno, il telefonino dei telefonini; il nonno dei futuri iPhone, Samsung, Huawei; l’Eldorado degli sms; il Paese delle Meraviglie per giochi con serpentelli che non devono mordersi la coda; il Paradiso delle batterie telefoniche; è stato presentato al mondo del 2017, il 26 Febbraio scorso, al Mobile World Congress a Barcelona da HMD Global.

Se ai Millennials la notizia del ritorno sul mercato di un vecchio telefonino, dal nome sconosciuto, non ha smosso nessuna corda nostalgica-tecnologica; a noi la lacrimuccia è scesa pensando ai bip degli sms senza spunta grigia e doppia spunta verde – “mannaggia a lui perché non risponde…ha pure visionato ed é da due ore online”; alla comodità di ricevere una telefonata senza fare i rabdomanti di campi telefonici – “sta ferma lì…no no, dov’eri prima, ecco sì, adesso puoi parlare ti sento” – ” ma sono al centro strada in ginocchio sui sanpietrini”; al non doversi portare dietro power bank dalle diverse dimensioni per non rimanere offline dal mondo perennemente online.

All’alba del nuovo giorno però molti, soprattutto gli addetti ai lavori, si dicono delusi, dando quasi per certo il flop del Nokia 3310, telefono che sugli scaffali, senza display touch, con una connessione internet che supporta solo il 2G, senza Whatsupp, senza Facebook, senza Android, sembrerà uno dei protagonisti di The Big Bang Theory in una sala pesi di una palestra piena di maschi alfa.

Se provassimo però a cambiare punto di vista capiremmo che, per i mercati ai quali forse é realmente destinato: Africa, India, Asia, potrebbe essere una vera e propria rivoluzione. Per noi invece, occidentali super esigenti, potrebbe diventare un semplice status symbol, esattamente come le nuove Polaroid, i nuovi giradischi, le nuove Diana.

Un oggetto che radical-chic, amanti del vintage e intellettuali-nerd, vorranno assolutamente tenere in tasca accanto all’iper connesso ultimo modello di iPhone.

Se siamo tornati ad ascoltare la musica come negli anni ’60; fotografare come negli anni ’70; vestirci come negli anni ’80…perché non dovremmo tornare a comunicare come agli inizi degli anni 2000?

Io, le calze e Calzedonia

Cara Calzedonia, sono anni che acquisto le tue calze e fidati, con le commesse che il tuo ufficio del personale seleziona, é una grande dimostrazione di fiducia.

Come ormai faccio da anni, sono entrata in un tuo store chiedendo dei semplici collant neri (sta volta commessa gentile: un miracolo!); ero motivata e piena di entusiasmo: calze nere, coprenti ma non troppo, calde ma leggere.

Tutto andava bene, guardavo il mio elegante pacco di collant sicura d’aver fatto la scelta giusta, fino a quando…ho deciso di indossarli. Da quel momento é iniziata una lotta contro il mio essere donna. Ci sono voluti ben dieci minuti per tirare su i benedetti collant con l’aiuto di mia sorella, che non credeva ai suoi occhi e di mia madre che, per il troppo ridere…piangeva.

Ho dovuto  combattere non con un semplice e confortevole collant ma con un essere mitologico, una calza a due teste: panciera contenitiva da una parte e cintura di castità dall’altra, roba che, se hai pensato di indossarli per un’uscita galante, perdi tutte le speranze dell’happy-end sin da subito.

Pressione regolata sulle gambe per aiutare la circolazione, manco avessi più vene varicose di una plurigenitrice; spinta per effetto pancia piatta (ed io che passo ore in palestra a lottare contro i miei addominali); push up del gluteo con relativo cuscinetto, uno per chiappa per perdere la sensibilità al lato B.

Insomma cara Calzedonia, dimmi la verità…’ste benedette calze le ha inventate un uomo che avrebbe voluto vedere la propria donna in autoreggenti e bustino sado tutto il giorno, altrimenti non si spiega tanta cattiveria racchiusa in quello che sarebbe dovuto essere un semplice paio di calze, della mia giusta taglia.

Ultima domanda, rivolta alle donne: avete pensato che una volta tolti i collant l’effetto chiappa alta e pancia piatta alla Belen vada a farsi benedire?

The Final countdown

31 Dicembre 1986 – h. 20.45 (- 3 ore al 1987)

Tutta la famiglia Andreini e Lozupone riunita a casa di zia Giovanna.
Settimane passate al telefono ad organizzare la cena: menù, segnaposto, decorazioni, il servizio da utilizzare, l’esatto momento in cui tagliareilpanettonestapparelospumanteservireilcotechinomangiarelelenticchie…e sì, zia Giovanna vuole darsi un’aria da borghese e pensa che, trascorrere le intere giornate a parlare di futilità da ricevimento, possa darle un qualche tipo di prestigio agli occhi della famiglia di suo marito e dei suoi amici. Soffre di senso di inferiorità, a capire poi il perché…
Tocca iniziare ‘sta serata. Tocca citofonare e entrare. Tocca rispondere a tutte le domande evitate al pranzo di Natale:
Sei fidanzato? No. Perché non ti fidanzi?
Sei fidanzato? Si. Perché non ti sposi?
Sei Sposato? Si. Perché non fai figli?
Hai un figlio? Si. Perché non fate il secondo figlio, i figli unici sono sempre viziati.
Tocca esserci.

Strette di mano e baci sulla guancia a tutti i presenti, rispettando l’ordine di anzianità, altrimenti zia Antonietta e zio Nicola mettono un muso lungo fino a Pasqua.

- h. 21.50 ( – 2 ore al 1987)
La famiglia Andreini é seduta da un ora a tavola e in ordine sparso sono comparse focacce, pesce crudo, tortini salati, olive fritte e fresche, pomodorini secchi, carpacci di varia natura e forma, frittelle, finocchi, pan briosche a strati di diversi gusti, primo primo di due primi, si inizierà il 1987 con 10 chili in più a testa…e alcuni non ne hanno per niente bisogno.

- h. 22.35 ( – 1 ora e mezza al 1987)
Poco é cambiato…sempre qui, sempre il 1986 (almeno per ora), sempre la lentezza dei pranzi di famiglia.
Gli adulti al “tavolo degli adulti” trattano argomenti da adulti. Il discorso del Presidente Cossiga non é piaciuto a zio Peppino e al fratello del marito di zia Giovanna (i comunisti della serata, quelli che hanno la tessera al partito e che fanno parte del sindacato).
Gli adulti fanno un riassunto dell’anno e tra Chernobyl e la questione del vino al metanolo – zio Nicola dice che lui non ha mai avuto paura; lui il vino lo fa in casa, un primitivo che lascia il segno, in tutti i sensi…sui bicchieri che si fa prima a buttarli e sulle guance rosserosse come quelle di Heidi e qualcuno vede pure le caprette che fanno “ciao” – la cena assume un’atmosfera apocalittica.
Maria, la moglie di Umberto, il figlio di zio Nicola, é ossessionata dalla nube di Chernobyl, la vede ovunque e questa estate non é andata al mare perché “anche l’acqua é ormai incontaminata” e sua figlia, una cucciola con gli occhioni neri e tanta tanti capelli, é costretta a gattonare con una microscopica mascherina sulla bocca e dei calzini bianchi messi alle mani a ‘mo di guantini. Maria dice che così la bambina evita di toccare roba incontaminata…mah…
Al “tavolo dei bambini”, i bambini giocano ad infilare nei bicchieri pieni di Coca Cola qualsiasi tipo di cibo formando una poltiglia liquida e puzzolente; gli adulti celibi/nubili parlano di qualsiasi argomento (la politica no, quella é materia esclusiva degli “adulti accoppiati”) e Anna, l’unica fuori dal giro, la più timida del chiassoso carrozzone Andreini ma pure di quello Lozupone, da quando é arrivata non si é mai staccata dal mangiacassette con le cuffie, ascolta a ripetizione la cassetta dei DuranDuran, pure i muri ormai conoscono “Notorius”.
Chissà cosa pensa Anna?
Chissà com’è il mondo con i Duran Duran come colonna sonora?

- h. 23.10 ( – 59 minuti al 1987)
La convivenza forzata di due famiglie porta ad inevitabili momenti di tensione e a nulla sono serviti i segnaposto preventivi di zia Giovanna, anche il “per favore passami la cozza pelosa”, é stata una miccia pronta ad esplodere.
Si é sfiorata la crisi matrimoniale quando Umberto ha cercato di togliere i calzini dalle mani di sua figlia senza il consenso di Maria, tifo da stadio neanche fossimo alla finale dei mondiali dell’ ’82: zio Nicola e tutto l’entourage maschile della famiglia Andreini /Lozupone ha difeso a spada tratta Umberto: la bambina deve gattonare senza calzini sulle mani – si deve fare gli anticorpi – dicono e, almeno per stasera la nube di Chernobyl non mieterà vittime; zia Antonietta e tutto il parterre femminile Andreini/Lozupone ha tifato per Maria: la bambina ormai si é abituata ai calzini – dicono – e poi fa pure freddo, le manine si raffreddano.
Dieci minuti di teorie strampalate sui bambini, gli anticorpi, le nubi tossiche tutto rigorosamente urlato.
Anna durante la discussione ha continuato ad avere le cuffie sulle orecchie e non ci sarebbe da meravigliarsi se per l’occasione abbia lasciato i Duran Duran per un più azzeccato “The Final countdown” degli Europe.
In tutto ‘sto caos zia Giovanna é riuscita ad attrezzare la tavola per la mezzanotte; disposti in fila indiana partendo da destra ci sono: lenticchie in quantità industriali; cotechino tagliato per metà a fette; l’uva del vicino di casa della sorella del marito di zia Giovanna, bianca e nera; pandoro e panettone tagliati in orizzontale con le fette disposte una sull’altra per formare un albero di Natale stellato – simpatico effetto scenografico -; due bottiglie di spumante dolce e un brut, pronti ad essere stappati allo scoccare del 1987 da Vittorio, il fratello di Umberto nonché figlio di zio Nicola e zia Antonietta e da Gaetano, il marito della sorella di zio Vincenzo, il marito di zia Giovanna.
I bimbi hanno mollato i bicchieri – quelli sì radioattivi – della Coca Cola, per iniziare a giocare con le fontanine, per ora spente, come se fossero delle spade.
Angela, Giuseppina, Ilaria e Nicola jr., un mix di cuginanza tra famiglia Andreini/Lozupone saranno gli addetti al countdown (Anna ha rifiutato di unirsi al gruppo).
Tutti sanno quello che devono fare. Tutti sono ai loro posti di combattimento da mezzanotte dell’ultimo dell’anno.
Tutti.
Adesso tocca aspettare.

1 Gennaio 1987 – h. 01.20 ( nuovo anno da un ora e venti)
Inutile dire che allo scoccare della mezzanotte nulla di quanto era stato organizzato é stato rispettato.
Descrivere quello che é successo é quasi impossibile, l’euforia per essersi scrollati di dosso un anno complicato ha coinvolto tutti: le bottiglie si sono stappate da sole inondando di spumante appiccicaticcio i pavimenti del salotto di zia Giovanna; le fontanine dei bambini – accesse- hanno quasi incendiato la tenda di seta e pizzo del salotto; la piccola figlia di Umberto e Maria ha lanciato nel camino un calzino (come ci é arrivata al camino da sola? Mah…); zio Peppino e il fratello del marito di zia Giovanna hanno accolto il nuovo anno alzando il pugno chiuso al cielo; baci; abbracci; pianti.
Anna per qualche secondo ha tolto le cuffie.

Ora che il cenone e l’euforia da ultimo dell’anno é finita tutta la famiglia Andreini/Lozupone siede composta e tranquilla intorno a due tavole, accostate ma non alte uguali e coperte da tovaglie diverse a tema natalizio: al centro i pandori e panettoni arrivati integri nel 1987; l’uva nera e bianca del vicino di casa della sorella di zio Vincenzo; castagnelle, spaccadenti, calzoncini, frollini, torroni, liquori al cioccolato e limoncelli preparati con i limoni di Caterina, la vicina di casa di zia Rita; cartelle per la tombola e carte per il Sette e mezzo.
La famiglia Andreini/Lozupone stremata dalla digestione sta per iniziare il suo primo momento ludico del nuovo anno.
Prima di iniziare però, come accade ogni anno…da qualche anno, tutti guarderanno nonno Vincenzo e nonna Aurelia che, per tutta la cena, sono stati seduti uno accanto all’altra.
In silenzio.
Hanno guardato quella grande e rumorosa famiglia, con gli occhi umidi degli anziani, pensando che tutto quel chiasso era musica in realtà, che avrebbero avuto l’eternità per il silenzio e che almeno per quella notte quell’eternità poteva aspettare e che se “Dio vuole” tra 12 mesi sarebbero stati tutti lì.
Tutti insieme.

Lettera al 2016

Caro 2016, come ogni anno siamo arrivati al momento dei saluti finali.

Mi trasformo nel venditore di Almanacchi e, tra una strana speranza malinconica e un po’ di euforia da nuovo anno, vendo a me stessa – e forse un po’ agli altri – la possibilità di un futuro diverso. Migliore.

È anche il momento dei bilanci.

Così caro 2016, ti saluto come si saluta un amico che sai di non rivedere più ma che, da qualche parte del tempo, continuerà ad inviare cartoline ricordo. I bilanci però ‘sta volta, 2016, proprio non riesco a farli. Riusciresti a racchiudere l’Oceano in un barattolo di vetro? No.

E’ proprio così che sei stato, un oceano quasi sempre in tempesta, difficile da chiudere in un barattolo. Ti sei mostrato da subito forte, complicato, difficile, duro, bisesto.

Non c’è stato un solo mese in cui tu non abbia smesso di mostrare il tuo carattere.

Terrai con te un numero troppo alto di persone, spesso giovani.

Hai scosso le nostre vite e la nostra terra.

Hai fatto incrociare destini in piazze, mercatini, rotaie, mari, città distrutte vicine e lontane.

Ti sei divertito a farci giocare con le nostre paure ancestrali e ci hai mostrato quanto possiamo essere impotenti davanti agli eventi.

Nessuna differenza tra la furia della Natura e l’accecante odio umano.

Hai iniziato a farci guardare in una direzione che può far terrore. Tu hai subdolamente e sarcasticamente indicato e noi, persi e frastornati, abbiamo iniziato solo a seguire la tua mano.

Caro 2016, quando invierai messaggi da un tempo e un luogo lontani, li leggerò come si leggono le lettere d’amore ed odio di un vecchio amante che ci ha fatto male, avendo come sottofondo “Hero” di David Bowie e “Mr. Tambourine Man” di Bob Dylan.

 

Ode alla gentilezza

Quando sono di cattivo umore e il sole decide di spuntare dalle nuvole é gentile.

Vedo tracce di gentilezza nel cornetto della mattina o nella tisana caldacalda della sera.

Penso che sia gentile con me anche il telefono, quando squilla per una chiamata inaspettata.

La piantina grassa sul balcone di casa e’ gentile quando fa spuntare un grosso fiore a Ferragosto.

Sono gentili i treni, le macchine e gli aerei che portano da me le persone che amo (meno gentili quando le portano via).

È gentile la neve che cade proprio il 31 Dicembre e non si scioglie fino a sera.

Un grande atto di gentilezza é quello del sonno, quando arriva calmo e senza grandi convincimenti.

Trovo gentile la vita, anche quando mi fa vivere anni in salita