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La leggerezza è una cosa seria

L’insostenibile leggerezza dell’essere è il titolo di uno dei libri più conosciuti di Milan Kundera.  Anni fa, decisi di leggerlo, incuriosita dal titolo. L’unione delle parole leggerezza ed essere  mi affascinava: quanto siamo leggeri? Quanto ci prendiamo sul serio?

Spesso spacciamo per “leggero” il nostro modo di essere, ci trastulliamo nel gioco del “nonmiprendotropposulserio” più per autocompiacimento ed opportunismo che per nostra vera indole. Siamo bravi a recitare la parte dell’uomo o della donna “light” quando le regole del passatempo sono le nostre, basta che qualcuno cambi le carte in tavola, ribaltando la situazione e il nostro ego, improvvisamente rivendica una serietà di convenienza. Prendiamo con profonda pesantezza, quello che fino a poco prima, spacciavamo per goliardica leggerezza. Il passatempo che, ci aveva stimolato e stuzzicato, diventa improvvisamente ed inspiegabilmente pericoloso e fonte di ansia: il nostro ruolo sociale prende il sopravvento. Peccato…ma è anche vero che la leggerezza, quella vera, è una cosa seria, non è per tutti

Diversamentealta

Natalie Portman 1,59 cm; Eva Longoria e Cristina Ricci 1,55 cm; Scarlett Johansson, Sarah Jessica Parker, Drew Barrymore, Shakira e Winona Ryder 1,60 cm; Salma Hayek 1,50 cm; sorellanongemella 1,52 cm…no, non sto dando i numeri ma i morbidi e, in alcuni casi giunonici, centimetri di altezza di alcune tra le donne più affascinanti del mondo dello spettacolo, ovviamente la sottoscritta rientra nella categoria, solo per le sue dimensioni pocket, confortata dal sapere d’essere in buona compagnia. Immagino cosa state pensando, il vostro primo pensiero è stato: ma…ma è bassa! Bene, non sono bassa ma diversamentealta.

Essere “diversamentealte” ha molti vantaggi: occupiamo poco spazio, per noi c’è sempre un posto in macchina; possiamo fare shopping da Zara bimbo/a risparmiando sul costo dei vestiti; non abbiamo problemi nel trovare un uomo. Gli uomini alti preferiscono le donne basse, pensano che a letto, con una donna “meno alta”, possano lanciarsi in prove degne dei migliori contorsionisti del circo Orfei. D’altro canto, noi donne pocket, troviamo facilmente un uomo alla “nostra altezza” (si parla di statura e non di capacità intellettive, altrimenti il discorso cambierebbe). Recuperare un uomo più alto di noi infatti, non è un problema, in caso contrario, non ci resterebbe che rivolgerci direttamente a Biancaneve per chiederle il numero di telefono di uno Sette Nani (l’Ottavo a quanto pare è  – fortunatamente per noi – già occupato). Noi donne “diversamentealte” abbiamo un carattere deciso e definito, sin da subito dobbiamo farci notare per occupare il nostro piccolo spazio nel mondo e non soffriamo di vertigini, siamo molto vicine al suolo.

Non importa se rischiamo d’essere investite per strada perché quasi invisibili; se scendere dagli sgabelli di un pub diventa ogni volta un lancio con il bungee jumping; se per tutta la vita ci sentiremo dire “nella botte piccola c’è buon vino” (non riporto le perle di saggezza in versione hot); se dobbiamo scegliere bene le amiche con cui camminare per strada per evitare di sembrare la loro figlia; se dobbiamo evitare tacchi troppo alti, per non dare l’idea “donna bassa su trampoli che cerca di sembrare tristemente alta”. No, non importa…perché noi donne “diveramentealte” possiamo guardare il mondo da un altro punto di vista, dal basso per puntare in alto, perché salire è sempre un successo ma partire dall’alto per arrivare in basso è solo una triste discesa.

La libertà questa conosciuta

Quando sono libera?

Sono libera quando guardo il cielo e penso al futuro senza “ma” e senza “se”; quando la mattina appena sveglia ho la consapevolezza che farò cose che voglio fare e incontrerò gente che voglio incontrare; sono libera quando posso abbracciare per il solo piacere di farlo o, quando riesco a comunicare le mie idee, i miei pensieri, le mie riflessioni senza il timore di essere giudicata; sono libera ogni volta che  posso amare, odiare, conoscere, assaporare, annusare, ascoltare chiunque incroci la mia vita; ogni volta che regalo un sorriso o ricevo un sorriso; sono libera ogni volta che ritrovo una persona persa o allontano chi ha compiuto e finito il suo percorso di vita accanto a me; sono libera quando smetto di pensare alla libertà…tanto da sentirmi libera di vivere!

Cinquanta sfumature di multicolor

Un consiglio: cercate di non annoiarvi mai, potreste pentirvi delle decisioni prese durante le brevi pause tra uno sbadiglio e l’altro.

Qualche settimana fa, vagavo per le stanze di una casa non mia, senza una meta precisa, quando ad un certo punto la mia attenzione fu rapita da un libro. La copertina era scura con la foto di una maschera che, immediatamente mi ricordò, un souvenir veneziano semi dimenticato su un ripiano della libreria di casa. Senza pensarci molto e forse per non tornare alle parole crociate, allo smalto sulle unghie, al soffitto fissato per un tempo indefinito, al lavaggio di piatti che poi sarebbero stati lavati dalla lavastoviglie, decisi di prendere in mano quel libro misterioso e con meraviglia mi ritrovai tra le mani il famoso “Cinquanta sfumature di nero”. Finalmente avrei potuto leggere uno dei tre libri soft porno più famosi degli ultimi anni, che ha fatto tanto eccitare le casalinghe (un po’ desperate) di mezzo mondo – per intenderci, la trilogia delle “sfumature”, ha venduto in minor tempo più di Harry Potter. Pensai che, con un po’ di fortuna, anch’io avrei potuto ingannare il tempo con una lettura alternativa al solito “romanzo-mattone impegnato” e magari, unendo l’utile al dilettevole, avrei trovato anche degli spunti interessanti per i miei futuri intimi rendez-vous. Mi accomodai, munita di plaid, sulla bianca e comoda chaise longue accanto alla finestra ed iniziai, quella che speravo, sarebbe diventata un’ eccitante lettura. Bene, dopo le primissime pagine, capì subito, che dovevo mettere da parte tutte le mie aspettative e rassegnarmi all’idea che, quel libro, altro non era che la bella (neanche tanto) versione di “Harmony”, quei tremendi libricini di storie “love love” dalle copertine color pastello o dei film britannici tratti dai romanzi sentimentali di Rosamunde Pilcher.

Pagina dopo pagina, leggevo la banale storia, trita e ritrita del bello, ricco e dannato (per intenderci la brutta copia di Mr. Big di Sex&The City), amato dalla solita ragazzetta neo laureata che, sfidando l’oscuro passato sessual-sentimentale dell’uomo potente di turno, da brava crocerossina, riesce a convertirlo alla monogamia, arrivando, ovviamente, al classico Happy End: la proposta di matrimonio…tatatààà!

Mi chiedo, come possa essere la vita sentimentale e sessuale delle donne di tutto il mondo, se leggendo banalità e luoghi comuni a gogò, hanno provato brividi di piacere peccaminosi. Mi chiedo, perchè le donne aspettano ancora che il Principe Azzurro arrivi sotto casa sul cavallo bianco, in calzamaglia blu, come Richard Gere in Pretty Woman (solo che nel film il cavallo bianco è sostituito da una Lotus Esprit e lei non vive con i sette nani nel bosco ma è un’ex prostituta, neanche tanto di alto borgo, altrimenti si sarebbe chiamata “escort”). Mi chiedo, perché mai l’uomo dei sogni e sessualmente attivo, deve sempre essere un ricco e famoso imprenditore (Berlusconi? Briatore?) e mai il muratore tutto muscoli e abbronzatura (viste le ore passate sotto il sole) o il fattorino che, improvvisamente entra in ufficio, con una salopette sapientemente sbottonata, l’addominale in vista e gocce di sudore addestrate per scivolare nei punti giusti, come una vecchia pubblicità della Coca Cola ci insegna.

Triste sembra la vita sentimental-sessuale delle donne se devono viverla con delle sfumature di grigio e di nero. Lascio con piacere le tinte scure alle altre e mi tengo le mie “cinquanta sfumature di multicolor”.

Le idee non hanno sesso

In Puglia, per tutto il 2012, per iniziativa popolare, attraverso diversi eventi ed i soliti banchetti nelle piazze, si sono raccolte le firme per portare in Consiglio regionale la Proposta di Legge ’50 e 50′, che avrebbe garantito la parità numerica delle candidature, in ordine alternato, in tutti gli appuntamenti elettorali. Il primo articolo obbligava i partiti a creare liste composte per il 50 per cento di uomini e il restante 50 di donne. Il secondo invece, garantiva la doppia preferenza al momento del voto.

Il 27 novembre scorso la legge è stata bocciata con voto segreto dal Consiglio regionale che, di fatto, ha ignorato le 30.000 firme raccolte.

Nel corso dei mesi, più volte ho avuto occasione di firmare l’iniziativa ma mi sono sempre rifiutata di farlo. Costringere gli elettori a votare una donna solo perché è tale non aiuta il mondo femminile a trovare la tanto agognata “parità dei sessi”. Come donna devo e voglio essere votata solo sulla base delle mie idee, del mio operato, delle mie capacità.

Le idee non hanno sesso, la capacità non ha sesso e se devo ottenere il consenso non voglio assolutamente averlo solo perchè sono donna. Non sono un panda, una specie in via di estinzione, sono un essere umano pensante e voglio giocare alla pari. Credo che la vera rivoluzione sia proprio questa: riuscire ad essere presa in considerazione per quello che sono, punto. Se continuiamo a pensare a leggi che tutelano la presenza delle donne in politica o impongono (le quote rosa) le donne in incarichi istituzionali, non stimoleremo mai una vera presa di coscienza della triste situazione femminile nell’ambito pubblico. Conosco molto bene le realtà delle amministrazioni comunali e le donne assessore sono rarissime. Quando ci sono poi, vengono poco sentite e considerate. Bene, iniziamo noi per prime ad avere un atteggiamento meno da vittima, scardiniamo dal basso determinati meccanismi ma non perchè c’è una legge che lo regola e lo impone, ma perchè abbiamo una dignità e delle capacità.