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L’amico che nessuno vorrebbe incontrare ovvero perché (secondo me) Matteo Renzi non piace

Ci sono delle categorie di persone che, mettendo da parte ogni perbenismo, nessuno di noi vorrebbe incontrare nella vita.

Ricordate il compagno di classe secchionemanontroppo, furbetto, che correva dall’insegnante a raccontare che quello che accadeva, che alzava sempre la mano durante le interrogazioni, soprattutto quando eravate in difficoltà?

Ricordate l’amico di una vostra vecchia comitiva che, durante le serate trascorse in compagnia davanti a un bicchiere di birra diceva: “ah non ho soldi, ho dimenticato il portafogli a casa… potresti anticiparmeli, domani te li restituisco”, un domani che per voi non è mai arrivato ma che, ha permesso al giovanotto, di campare di rendita per intere settimane, cambiando di serata in serata la vittima sacrificale?

Ricordate il vostro amico, quello che “non preoccuparti passo a prendere io la tua ragazza” e dopo qualche mese la tua ragazza “sai ho una relazione con quel tuo amico che veniva a prendermi”?

Ricordate il collega d’ufficio, quello che decideva di prendere il suo giorno di permesso proprio quando, sarebbe dovuto essere il tuo giorno di permesso e tutti (compreso lui) lo sapevano da settimane?

Bene adesso non dovete più ricordare, non solo sarà il vostro presente ma vi rappresenterà nel mondo e siederà in Parlamento, quel compagno di classe, amico di comitiva, collega di ufficio è: Matteo Renzi.

A.A.A. CERCASI FATTEZZE FEMMINILI PER PERIODO INVERNALE

Lo ammetto sono invidiosa…invidio tutte le donne che d’inverno riescono a mantenere almeno una lontana forma femminile.

Le invidio perche’, con disinvoltura, sfoggiano gonnelline, cappottini, sciarpettine, scarpettine e qualsiasi altro riassunto di indumento, senza mostrare la minima sofferenza per il freddo. Ho potuto fare questa profonda osservazione alla fermata dell’autobus, durante il mio breve (ma intenso), periodo di permanenza nel freddo e nebbioso nord. Puntualmente, accanto a me, compariva una donna: bella, alta, bionda e soprattutto poco vestita. Restava li senza scomporsi un attimo, senza battere i denti e senza sfoggiare il classico naso rosso alla Rudolph

Accanto a questa divinità dominatrice del gelo, c’ero io, essere mitologico, metà donna, metà massa informe di strati e strati di vestiti che, per descriverli, dovrei usare solo termini che finiscono con “one”: sciarpone-cappottone-scarpone. Tutto questo “one” di abbigliamento, ovviamente, non giovava, alla mia già non tanto slanciata figura.

Mi rendo conto che, descritto così, il mio outfit invernale può sembrare esagerato, ma vi assicuro che non lo è; soprattutto se avete la temperatura corporea di una donna meridionale che resiste ai 40° umidi e trova il caldo vento di scirocco, un piacevole venticello estivo che ha, come unica controindicazione, la tendenza a rendere gli esseri umani più nervosi e depressi.

Mentre aspetto che la primavera mi restituisca fattezze umane, vado a tuffarmi in metri e metri di sciarpa e se vedete camminare un gomitolo di lana…beh quella sono io.

Se la “sdraiata” fossi io?

Stanotte ho finito di leggere “Gli sdraiati” di Michele Serra. Senza molte difficoltà, in pochi giorni, sono arrivata alla fine del libro.

Non sono ancora genitore e non ho un’età così lontana dall’adolescenza che mi fa dire con serenità “eh ai miei tempi!”; eppure più mi addentravo nella lettura e leggevo delle difficoltà di MicheleSerraPadre, più mi sentivo empaticamente vicina a lui.

Mi sono chiesta “perché?”: perché mi sentivo lontana dal figlio e vicina al padre. Ho ripercorso con la mente i quindici giorni trascorsi a scuola come Prof; ho ricordato le lunghe chiacchierate con mia cugina, quasi diciottenne; ho ripensato a tutte le volte che, per strada, incrociando la “generazione degli sdraiati”, dico “eh ma noi non eravamo così, avevamo degli stimoli, parlavamo con le persone guardandole negli occhi e non attraverso una chat e per incontrar gente non andavamo su Facebook”. Mi sono scoperta genitrice di pensieri qualunquisti e stereotipati, gli stessi pensieri che spesso condanno e dai quali cerco di tenermi lontana.

Allora cosa mi è successo?

Pian piano che andavo avanti con la lettura e mi avvicinavo alla fine del libro, ho capito che i veri “sdraiati”, i veri immobili, siamo noi: fermi nel tentativo di entrare in contatto con un’età che non ci appartiene più. Noi “vecchi sdraiati”, veniamo presi dall’ansia di dover trasmettere, comunicare, trasferire, parlare, far apprendere la “bellezza del mondo”, “la bellezza della vita”, “la bellezza delle cose che ci circondano”, “la bellezza della realtà reale”. Oggi forse, più dei nostri genitori, noi trentenni e qurantenni, temiamo che la miriade di sensazioni e di esperienze vengano inghiottite dal  virtuale. Temiamo di lasciare in eredità il nulla, senza lasciare traccia; cerchiamo conferme del contrario da chi ci fa da specchio con il futuro, senza renderci conto però, che la crescita, per tutte le generazioni, è proprio dietro l’angolo, dobbiamo solo aspettare pazientemente che faccia il suo percorso e arrivi.

I Maya avevano ragione…o forse no

Un anno fa i Maya ci davano per spacciati, invece sono passati altri 365 giorni da quel famoso 21 Dicembre. Dire che non siamo “morti” e “risorti” più di una volta durante quest’anno, sarebbe una bugia.

Il “mondo è finito” quando, sono morte cinquecento persone nel Mare Nostrum, cimitero galleggiante di anime. Il “mondo è finito” quando, abbiamo iniziato a confondere, la voglia di reagire con la violenza fine a se stessa e quando la politica, per noi, ha cominciato a far rima con qualunquismo. “Il mondo è finito” quando, diecimila cuori, hanno smesso di battere nelle troppo lontane Filippine. “Il mondo è finito” quando Napoli, troppo spesso trattata come “una carta sporca”, ha perso la nostra “Città della Scienza”

Il mondo è “risorto”quando, abbiamo rimesso al centro dei nostri discorsi parole come “integrazione, solidarietà, stato sociale”; quando abbiamo capito che, anche l’uomo più potente al mondo, non è una divinità e non è sempre vero che “morto un  Papa se ne fa un altro”. “Il mondo è risolto” quando, abbiamo abbandonato pc, tablet, smartphone, per guardare la cometa ISON, sperando che continuasse a vivere, dopo la lotta contro il gigante Sole.

Il “mondo continua” quando, tutti i giorni, facciamo in modo che sia il nostro Capodanno

Babbo Natale esiste…e c’ho le prove

A Babbo Natale credo ancora.

Ci credo ogni volta che inizio ad abbonare l’albero di Natale; ogni volta che compaiono le luci colorate e ad intermittenza sul balcone della vicina di casa (fanno parte della categoria  “Christmas kitsch” ma è la mia dose annuale di cattivo gusto a cui proprio non posso rinunciare). Ci credo quando, camminando per il centro storico, sento l’odore agrodolce delle bucce dei mandarini bruciacchiate ed ogni volta che mi avvolgo in una sciarpa fatta ai ferri da mia madre (sono sempre molto lunghe, dopo 34 anni, non si rassegna ancora all’idea di avere una figlia formato pocket).

Credo a Babbo Natale ogni volta che, la notte di Natale, nel mio letto, faccio finta di dormire.

A Babbo Natale credo anche in primavera, in estate o in autunno.

Babbo Natale viene a mettere le fresie nel portafiori sul tavolo del salotto in primavera o mi regala il sale tra i capelli d’estate. Credo a Babbo Natale quando, andando da Ba a Bo, scopro che l’autunno esiste ancora ed è fatto di gialli, rossi, arancioni e foglie che cadono come in un film d’autore francese, uno di quelli lunghi e senza molti dialoghi, dove si fa un sapiente uso dell’effetto “vento cinematografico”.

Quando mi viene chiesto: come hai scoperto che Babbo Natale non esiste? Vorrei tanto rispondere che ricordo benissimo quel momento, come ricorderò per sempre dov’ero e cosa facevo (scusate il paragone un po’azzardato) il giorno dell’attentato alle Torri Gemelle; la notte in cui, nel 2006, l’Italia vinse i Mondiali e il cielo era “più azzurro sopra Berlino” o quando è stata votata la decadenza di Berlusconi. Tutti ricordiamo dove eravamo, cosa facevamo e con chi eravamo.  Tuttavia, ogni volta, nel momento in cui sto per rispondere, Babbo Natale torna…e mi ritrovo a dire: Babbo Natale esiste!